REGOLAMENTO (UE) 2021/953 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO

REGOLAMENTO (UE) 2021/953 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO

del 14 giugno 2021

su un quadro per il rilascio, la verifica e l’accettazione di certificati interoperabili di vaccinazione, di test e di guarigione in relazione alla COVID-19 (certificato COVID digitale dell’UE) per agevolare la libera circolazione delle persone durante la pandemia di COVID-19

(Testo rilevante ai fini del SEE)

IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 21, paragrafo 2,

vista la proposta della Commissione europea,

previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,

visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),

deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2),

considerando quanto segue:

(1)

 

Ogni cittadino dell’Unione ha il diritto fondamentale di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dai trattati e dalle disposizioni adottate in applicazione degli stessi. La direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (3) stabilisce le modalità di esercizio di tale diritto.

(2)

 

Il 30 gennaio 2020 il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha dichiarato un’emergenza di sanità pubblica di portata internazionale concernente la propagazione mondiale del coronavirus della sindrome respiratoria acuta grave 2 (SARS-CoV-2), che provoca la malattia da coronavirus 2019 (COVID-19). L’11 marzo 2020 l’OMS ha reso una valutazione che qualifica la COVID-19 come pandemia.

(3)

 

Per limitare la diffusione del SARS-CoV-2 gli Stati membri hanno adottato alcune misure che hanno inciso sull’esercizio da parte dei cittadini dell’Unione del loro diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, quali restrizioni all’ingresso o l’obbligo per i viaggiatori transfrontalieri di sottoporsi a quarantena o ad autoisolamento o a un test per l’infezione da SARS-CoV-2.

(4)

 

Il 13 ottobre 2020 il Consiglio ha adottato la raccomandazione (UE) 2020/1475 (4), che ha introdotto un approccio coordinato alla limitazione della libertà di circolazione in risposta alla pandemia di COVID-19 nei settori chiave seguenti: l’applicazione di criteri e soglie comuni per decidere se introdurre restrizioni alla libera circolazione, una mappatura delle zone a rischio di trasmissione del SARS-CoV-2 basata su un codice cromatico concordato e un approccio coordinato per quanto riguarda le misure appropriate che potrebbero essere applicate alle persone che si spostano da o verso zone a rischio in funzione del livello di rischio di trasmissione del SARS-CoV-2 in tali zone. La raccomandazione sottolinea che i viaggiatori aventi una funzione o una necessità essenziale, elencati al punto 19 della raccomandazione, e quelli che vivono in regioni frontaliere e che attraversano la frontiera frequentemente per motivi di lavoro, affari, istruzione, famiglia, cure mediche o per prestare assistenza, particolarmente colpiti da tali restrizioni nella loro vita quotidiana, soprattutto quelli che esercitano funzioni critiche o essenziali per le infrastrutture critiche, dovrebbero in generale essere esentati dalle restrizioni di viaggio legate alla pandemia di COVID-19.

(5)

 

Sulla base dei criteri e delle soglie stabiliti nella raccomandazione (UE) 2020/1475, il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) pubblica, a cadenza settimanale, una mappa degli Stati membri contenente dati sul tasso di notifica dei casi di COVID-19, sul tasso di test effettuati e sul tasso di positività dei test suddivisi per regione, al fine di sostenere il processo decisionale degli Stati membri.

(6)

 

In conformità del diritto dell’Unione, gli Stati membri possono limitare il diritto fondamentale alla libera circolazione per motivi di sanità pubblica. Tutte le restrizioni alla libera circolazione delle persone all’interno dell’Unione attuate per limitare la diffusione del SARS-CoV-2 dovrebbero basarsi su motivi specifici e limitati di interesse pubblico, vale a dire la tutela della salute pubblica, come sottolineato nella raccomandazione (UE) 2020/1475. È necessario che tali limitazioni siano applicate conformemente ai principi generali del diritto dell’Unione, segnatamente la proporzionalità e la non discriminazione. Tutte le misure adottate dovrebbero pertanto essere strettamente limitate nella portata e nel tempo, in linea con gli sforzi volti a ripristinare la libera circolazione all’interno dell’Unione, e non dovrebbero andare al di là di quanto strettamente necessario per tutelare la salute pubblica. Tali misure dovrebbero inoltre essere coerenti con le misure adottate dall’Unione per garantire la circolazione libera e ininterrotta delle merci e dei servizi essenziali nel mercato interno, compresa la libera circolazione di forniture mediche e personale medico e sanitario, attraverso i valichi di frontiera di tipo «corsia verde» (green lane) di cui alla comunicazione della Commissione del 23 marzo 2020 sull’attuazione delle corsie verdi previste dagli orientamenti relativi alle misure per la gestione delle frontiere destinate a tutelare la salute e garantire la disponibilità di beni e servizi essenziali.

(7)

 

In base alle evidenze mediche attuali e tuttora in evoluzione, le persone vaccinate o che hanno avuto di recente un risultato negativo a un test per la COVID-19 e le persone che sono guarite dalla COVID-19 nei sei mesi precedenti sembrano comportare un rischio ridotto di contagiare altre persone con il SARS-CoV-2. La libera circolazione delle persone che, secondo solidi dati scientifici, non costituiscono un rischio significativo per la salute pubblica, per esempio perché sono immuni da SARS-CoV-2 e non possono trasmetterlo, non dovrebbe essere soggetta a restrizioni, poiché queste ultime non sarebbero necessarie a conseguire l’obiettivo di tutelare la salute pubblica. Qualora la situazione epidemiologica lo consenta, tali persone non dovrebbero essere soggette a restrizioni aggiuntive alla libera circolazione connesse alla pandemia di COVID-19, come i test per motivi di viaggio per l’infezione da SARS-CoV-2 o la quarantena o l’autoisolamento per motivi di viaggio, a meno che tali restrizioni aggiuntive, sulla base degli ultimi dati scientifici a disposizione e in linea con il principio di precauzione, non siano necessarie e proporzionate allo scopo di tutelare la salute pubblica e non siano discriminatorie.

(8)

 

Molti Stati membri hanno avviato o prevedono di avviare iniziative per il rilascio di certificati di vaccinazione anti COVID-19. Tali certificati di vaccinazione tuttavia, affinché possano essere usati efficacemente in un contesto transfrontaliero in cui i cittadini dell’Unione esercitano il proprio diritto di libera circolazione, devono essere pienamente interoperabili, compatibili, sicuri e verificabili. Occorre un approccio comune tra gli Stati membri per quanto riguarda il contenuto, il formato, i principi, le norme tecniche e il livello di sicurezza di tali certificati di vaccinazione.

(9)

 

Misure unilaterali atte a limitare la diffusione del SARS-CoV-2 potrebbero causare perturbazioni significative dell’esercizio del diritto di libera circolazione e ostacolare il corretto funzionamento del mercato interno, compreso il settore del turismo, in quanto le autorità nazionali e i servizi di trasporto di passeggeri, quali linee aeree, treni, pullman e traghetti, potrebbero trovarsi di fronte a una vasta gamma di formati diversi di documenti attestanti non solo la vaccinazione anti COVID-19 dei titolari del certificato, ma anche i risultati dei loro test e la guarigione.

(10)

 

Nella sua risoluzione del 25 marzo 2021 sulla definizione di una strategia dell’UE per il turismo sostenibile, il Parlamento europeo ha chiesto un approccio armonizzato in materia di turismo in tutta l’Unione applicando criteri comuni per viaggiare in sicurezza, tramite un protocollo dell’Unione sulla sicurezza sanitaria relativo ai test e ai requisiti di quarantena, un certificato comune di vaccinazione, una volta che vi siano sufficienti prove scientifiche che le persone vaccinate non trasmettono il SARS-CoV-2, e mediante il riconoscimento reciproco delle procedure di vaccinazione.

(11)

 

Nella dichiarazione del 25 marzo 2021, i membri del Consiglio europeo hanno invitato ad avviare i preparativi per un approccio comune alla graduale revoca delle restrizioni alla libera circolazione al fine di garantire il coordinamento degli sforzi quando la situazione epidemiologica consentirà un allentamento delle misure in essere e a portare avanti con urgenza i lavori sui certificati digitali COVID-19 interoperabili e non discriminatori.

(12)

 

Per facilitare l’esercizio del diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, è opportuno stabilire un quadro comune per il rilascio, la verifica e l’accettazione di certificati interoperabili relativi alla vaccinazione, ai test e alla guarigione dalla COVID-19 (certificato COVID digitale dell’UE). Tale quadro comune dovrebbe essere vincolante e direttamente applicabile in tutti gli Stati membri. Dovrebbe agevolare, ove possibile, sulla base di prove scientifiche, la graduale revoca, delle restrizioni da parte degli Stati membri in modo coordinato, tenuto conto della revoca delle restrizioni all’interno del loro territorio. Il regolamento 2021/954 del Parlamento europeo e del Consiglio (5) estende tale quadro comune ai cittadini di paesi terzi regolarmente soggiornanti o regolarmente residenti nello spazio Schengen senza controlli alle frontiere interne e si applica nell’ambito dell’acquis di Schengen, fatte salve le norme specifiche in materia di attraversamento delle frontiere interne di cui al regolamento (UE) 2016/399 del Parlamento europeo e del Consiglio (6). La facilitazione della libertà di circolazione è uno dei presupposti fondamentali per avviare una ripresa economica.

(13)

 

Sebbene lasci impregiudicata la competenza degli Stati membri nell’imporre restrizioni alla libera circolazione, in conformità del diritto dell’Unione, per limitare la diffusione del SARS-CoV-2, il presente regolamento dovrebbe contribuire ad agevolare la graduale revoca di tali restrizioni in modo coordinato, ove possibile, in conformità della raccomandazione (UE) 2020/1475. Tali restrizioni potrebbero essere revocate in particolare per le persone vaccinate, in linea con il principio di precauzione, nella misura in cui le evidenze scientifiche sugli effetti della vaccinazione anti COVID-19 diventino disponibili in maggior misura e mostrino in maniera coerente che la vaccinazione contribuisce a interrompere la catena di trasmissione.

(14)

 

Il presente regolamento è inteso a facilitare l’applicazione dei principi di proporzionalità e di non discriminazione per quanto riguarda le restrizioni alla libera circolazione durante la pandemia di COVID-19, perseguendo nel contempo un livello elevato di protezione della salute pubblica. Esso non dovrebbe essere inteso come un’agevolazione o un incentivo all’adozione di restrizioni alla libera circolazione o di restrizioni ad altri diritti fondamentali, in risposta alla pandemia di COVID-19, visti i loro effetti negativi sui cittadini e le imprese dell’Unione. La verifica dei certificati che costituiscono il certificato COVID digitale dell’UE non dovrebbe comportare ulteriori restrizioni alla libertà di circolazione all’interno dell’Unione o restrizioni ai viaggi all’interno dello spazio Schengen. È opportuno che continuino ad applicarsi le esenzioni dalle restrizioni della libertà di circolazione in risposta alla pandemia di COVID-19 previste dalla raccomandazione (UE) 2020/1475 e si dovrebbe tenere conto della situazione specifica delle comunità transfrontaliere che sono state particolarmente colpite da tali restrizioni. Allo stesso tempo, grazie al quadro del «certificato COVID digitale dell’UE» i certificati interoperabili saranno disponibili anche per i viaggiatori aventi una funzione o una necessità essenziale.

(15)

 

L’introduzione di un approccio comune per il rilascio, la verifica e l’accettazione dei certificati COVID-19 interoperabili si basa sulla fiducia reciproca. L’uso dei certificati COVID-19 contraffatti costituisce un grave rischio per la salute pubblica. Le autorità di uno Stato membro devono avere la garanzia che il certificato emesso in un altro Stato membro contenga informazioni attendibili, che il certificato non sia stato falsificato e che appartenga alla persona che lo presenta, e che chiunque verifichi il certificato abbia accesso soltanto alla quantità minima di informazioni necessarie.

(16)

 

Il 1o febbraio 2021 Europol ha pubblicato una notifica di allarme rapido sulle vendite illecite di falsi certificati di esito negativo a un test per la COVID-19. Data la disponibilità e il facile accesso a mezzi tecnologici, quali stampanti ad alta risoluzione e software di elaborazione grafica, i truffatori sono in grado di produrre falsi certificati COVID-19 di elevata qualità. Sono stati segnalati casi di vendite illecite di falsi certificati di esito negativo a test per la COVID-19 in cui sono coinvolti gruppi organizzati di falsificazione e singoli opportunisti che vendono falsi certificati COVID-19 online e offline.

(17)

 

È importante che siano messe a disposizione risorse sufficienti per attuare il presente regolamento e per prevenire, individuare, indagare e perseguire le frodi e le pratiche illecite relative al rilascio e all’uso dei certificati che costituiscono il certificato COVID digitale dell’UE.

(18)

 

Per garantire l’interoperabilità e la parità di accesso ai certificati che costituiscono il certificato COVID digitale dell’UE per tutti i cittadini dell’Unione, anche per le persone vulnerabili, come le persone con disabilità, e per le persone con un accesso limitato alle tecnologie digitali, è opportuno che gli Stati membri rilascino tali certificati in formato digitale o cartaceo a scelta del titolare, o in entrambi i formati. I potenziali titolari dovrebbero avere il diritto di ricevere il certificato nel formato di loro scelta. Ciò consentirebbe loro di richiedere e ricevere una copia cartacea del certificato, o di riceverla in un formato digitale da conservare e visualizzare su un dispositivo mobile, o in entrambi i formati. I certificati dovrebbero contenere un codice a barre interoperabile a lettura digitale, che dà accesso unicamente ai dati pertinenti relativi ai certificati stessi. È opportuno che gli Stati membri garantiscano l’autenticità, la validità e l’integrità dei certificati mediante l’uso di sigilli elettronici. Per garantire un elevato livello di fiducia nell’autenticità, nella validità e nell’integrità dei certificati, gli Stati membri dovrebbero, se possibile, dare priorità all’uso di sigilli elettronici avanzati definiti nell’articolo 3, punto 26), del regolamento (UE) n. 910/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (7). Le informazioni sul certificato dovrebbero figurare in formato leggibile dall’uomo, stampate o visualizzabili come semplice testo. I certificati dovrebbero presentarsi in un modo facile da comprendere, tale da garantire la semplicità e un uso agevole. Per evitare ostacoli alla libera circolazione, è opportuno che i certificati siano rilasciati gratuitamente e che i cittadini dell’Unione e i loro familiari abbiano il diritto di ottenerne il rilascio. Per evitare gli abusi o le frodi, in casi di perdita ripetuta, dovrebbe essere possibile addebitare tariffe adeguate per il rilascio di nuovi certificati. È opportuno che gli Stati membri rilascino i certificati che costituiscono il certificato COVID digitale dell’UE automaticamente o su richiesta, provvedendo affinché possano essere ottenuti facilmente e rapidamente. È altresì opportuno che gli Stati membri forniscano, laddove necessario, il sostegno necessario per consentire la parità di accesso per tutti i cittadini dell’Unione. Per ogni vaccinazione, risultato di test o guarigione dovrebbe essere rilasciato un certificato distinto e non dovrebbe contenere dati di certificati precedenti, tranne nel caso in cui il presente regolamento disponga altrimenti.

(19)

 

I certificati autentici che costituiscono il certificato COVID digitale dell’UE dovrebbero essere identificabili singolarmente mediante un identificativo unico del certificato, tenendo conto del fatto che ai titolari potrebbe essere rilasciato più di un certificato nel corso della pandemia di COVID-19. L’identificativo unico del certificato è costituito da una stringa alfanumerica e gli Stati membri dovrebbero garantire che non contenga dati che lo colleghino ad altri documenti o identificativi, come i numeri del passaporto o della carta d’identità, al fine di impedire l’identificazione diretta del titolare. L’identificativo unico del certificato dovrebbe essere utilizzato esclusivamente per le finalità previste, tra cui le richieste di rilascio di un nuovo certificato se il titolare non dispone più di un certificato e per la revoca dei certificati. L’uso di un identificativo unico del certificato evita inoltre la necessità di trattare altri dati personali che sarebbero altrimenti necessari per identificare i singoli certificati. Per motivi medici e di salute pubblica e in caso di certificati rilasciati o ottenuti fraudolentemente, è opportuno che gli Stati membri possano stilare e scambiare con altri Stati membri, ai fini del presente regolamento, elenchi di revoca dei certificati per casi limitati, in particolare per revocare i certificati rilasciati erroneamente, come conseguenza di una frode o a seguito della sospensione di una partita di vaccino anti COVID-19 risultata difettosa. Gli elenchi di revoca dei certificati non dovrebbero contenere dati personali diversi da quelli identificativi unici dei certificati. I titolari dei certificati revocati dovrebbero essere tempestivamente informati della revoca dei loro certificati e dei motivi della revoca.

(20)

 

Il rilascio di certificati a norma del presente regolamento non dovrebbe dar luogo a una discriminazione sulla base del possesso di una categoria specifica di certificato.

(21)

 

L’accesso universale, tempestivo e a prezzi abbordabili ai vaccini anti COVID-19 e ai test per l’infezione da SARS-CoV-2, che sono alla base del rilascio dei certificati che costituiscono il certificato COVID digitale dell’UE, è fondamentale nella lotta contro la pandemia di COVID-19 ed essenziale per ripristinare la libertà di circolazione all’interno dell’Unione. Per facilitare gli spostamenti, gli Stati membri sono incoraggiati a garantire possibilità di test accessibili e ampiamente disponibili, tenendo conto del fatto che tutta la popolazione non avrebbe la possibilità di essere vaccinata prima della data di applicazione del presente regolamento.

(22)

 

La sicurezza, l’autenticità, la validità e l’integrità dei certificati che costituiscono il certificato COVID digitale dell’UE e la loro conformità con il diritto dell’Unione in materia di protezione dei dati sono essenziali perché tutti gli Stati membri li accettino. È pertanto necessario istituire un quadro di fiducia stabilendo le norme riguardanti il rilascio e la verifica affidabili e sicuri dei certificati COVID-19, e le relative infrastrutture. L’infrastruttura dovrebbe essere sviluppata, con una forte preferenza per l’uso di una tecnologia open source, in modo da funzionare sui vari principali sistemi operativi, assicurando al contempo che sia protetta dalle minacce informatiche. Il quadro di fiducia dovrebbe garantire che la verifica dei certificati COVID-19 possa essere eseguita offline e senza informare l’emittente o altri terzi in merito alla verifica. Il quadro di fiducia dovrebbe essere basato su un’infrastruttura a chiave pubblica con una catena di fiducia che va dalle autorità sanitarie o dalle altre autorità designate degli Stati membri alle singole entità che rilasciano i certificati COVID-19. Il quadro di fiducia dovrebbe consentire di individuare le frodi, in particolare le falsificazioni. Il quadro di fiducia dello schema sull’interoperabilità dei certificati sanitari della rete eHealth del 12 marzo 2021 adottato a norma dell’articolo 14 della direttiva 2011/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (8) dovrebbe costituire la base del quadro di fiducia per il certificato COVID digitale dell’UE.

(23)

 

È opportuno che, in conformità del presente regolamento, i certificati che costituiscono il certificato COVID digitale dell’UE siano rilasciati alle persone di cui all’articolo 3 della direttiva 2004/38/CE, vale a dire ai cittadini dell’Unione e ai loro familiari, qualunque sia la loro cittadinanza, o lo Stato membro in cui essi sono stati vaccinati o sottoposti a test, o in cui si trovano una volta guariti. Nei casi in cui è fatto riferimento al rilascio da parte degli Stati membri, dovrebbe essere inteso che ciò comprende anche il rilascio da parte di organismi designati per conto degli Stati membri, anche quando i certificati COVID-19 sono emessi in paesi e territori d’oltremare o nelle Isole Fær Øer per conto di uno Stato membro. Laddove sia utile o opportuno, i certificati dovrebbero essere rilasciati a un’altra persona a nome della persona vaccinata, sottoposta a test o guarita, per esempio al tutore legale a nome di persone incapaci, o ai genitori a nome dei figli. I certificati non dovrebbero essere soggetti a legalizzazione o a qualsiasi altra formalità analoga.

(24)

 

In conformità della raccomandazione (UE) 2020/1475, gli Stati membri dovrebbero prestare particolare attenzione alle persone che vivono in regioni frontaliere e che attraversano la frontiera frequentemente per motivi di lavoro, affari, istruzione, famiglia, cure mediche o per prestare assistenza.

(25)

 

Dovrebbe essere possibile rilasciare i certificati che costituiscono il certificato COVID digitale dell’UE anche ai cittadini o ai residenti di Andorra, di Monaco, di San Marino e del Vaticano/Santa Sede.

(26)

 

Gli accordi sulla libera circolazione delle persone conclusi dall’Unione e dagli Stati membri, da una parte, e alcuni paesi terzi, dall’altra, prevedono la possibilità di limitare la libera circolazione per motivi di salute pubblica in modo non discriminatorio. Qualora un accordo di questo tipo non contenga un meccanismo di integrazione degli atti giuridici dell’Unione, è opportuno che i certificati COVID-19 rilasciati ai beneficiari di tale accordo siano accettati alle condizioni previste dal presente regolamento. Tale accettazione dovrebbe essere subordinata all’adozione di un atto di esecuzione da parte della Commissione che stabilisce che il paese terzo in questione rilascia certificati COVID-19 in conformità del presente regolamento e ha fornito garanzie formali del fatto che accetterà certificati COVID-19 rilasciati dagli Stati membri.

(27)

 

Il regolamento (UE) 2021/954 si applica ai cittadini di paesi terzi che non rientrano nell’ambito di applicazione del presente regolamento, che soggiornano o risiedono regolarmente nel territorio di uno Stato al quale si applica il presente regolamento e che hanno il diritto di recarsi in altri Stati membri in conformità del diritto dell’Unione.

(28)

 

È opportuno che il quadro di fiducia da stabilire ai fini del presente regolamento persegua una coerenza con le iniziative globali, in particolare quelle a cui partecipa l’OMS e l’Organizzazione per l’aviazione civile internazionale. Tale coerenza dovrebbe comprendere, ove possibile, l’interoperabilità tra i sistemi tecnologici stabiliti a livello globale o da paesi terzi con cui l’Unione ha stretti legami e i sistemi stabiliti ai fini del presente regolamento per agevolare l’esercizio del diritto di libera circolazione all’interno dell’Unione, anche tramite la partecipazione a una infrastruttura a chiave pubblica o lo scambio bilaterale di chiavi pubbliche. Per agevolare l’esercizio del diritto di libera circolazione dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari vaccinati o sottoposti a test in paesi terzi o nei paesi e territori d’oltremare di cui all’articolo 355, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) e al suo allegato II o nelle Isole Fær Øer, il presente regolamento dovrebbe prevedere l’accettazione dei certificati COVID-19 rilasciati da paesi terzi o da paesi e territori d’oltremare o dalle Isole Fær Øer a cittadini dell’Unione e loro familiari, se la Commissione ritiene che tali certificati COVID-19 siano rilasciati secondo norme che devono essere considerate equivalenti a quelle stabilite dal presente regolamento.

(29)

 

Per agevolare la libera circolazione e affinché le restrizioni alla libera circolazione attualmente in vigore durante la pandemia di COVID-19 possano essere revocate in modo coordinato sulla base degli ultimi dati scientifici e gli orientamenti messi a disposizione dal comitato per la sicurezza sanitaria istituito dall’articolo 17 della decisione n. 1082/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (9), dall’ECDC e dall’Agenzia europea per i medicinali (EMA), è opportuno stabilire un certificato di vaccinazione interoperabile. Tale certificato di vaccinazione dovrebbe servire a comprovare che il titolare ha ricevuto un vaccino anti COVID-19 in uno Stato membro e dovrebbe contribuire alla graduale revoca delle restrizioni alla libera circolazione. Il certificato di vaccinazione dovrebbe contenere soltanto le informazioni necessarie per identificare chiaramente il titolare, il vaccino anti COVID-19 somministrato, il numero di dosi e la data e il luogo di vaccinazione. È opportuno che gli Stati membri rilascino certificati di vaccinazione alle persone che hanno ricevuto vaccini anti COVID-19 che hanno ottenuto un’autorizzazione all’immissione in commercio a norma del regolamento (CE) n. 726/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio (10), che hanno ricevuto vaccini anti COVID-19 che hanno ottenuto un’autorizzazione all’immissione in commercio dall’autorità competente di uno Stato membro a norma della direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (11), e che hanno ricevuto vaccini anti COVID-19 la cui distribuzione è stata temporaneamente autorizzata in virtù dell’articolo 5, paragrafo 2, di tale direttiva.

(30)

 

Le persone che sono state vaccinate prima della data di applicazione del presente regolamento, anche nell’ambito di una sperimentazione clinica, dovrebbero avere anch’esse il diritto di ottenere un certificato di vaccinazione a norma del presente regolamento, dato che il certificato COVID digitale dell’UE fornisce il quadro reciprocamente accettato per facilitare l’esercizio del diritto di libera circolazione. Se i cittadini dell’Unione o i loro familiari non sono in possesso di un certificato di vaccinazione conforme ai requisiti del presente regolamento, in particolare perché sono stati vaccinati prima della data di applicazione del presente regolamento, occorre dare loro ogni ragionevole possibilità di dimostrare con altri mezzi che dovrebbero beneficiare della revoca delle pertinenti restrizioni alla libera circolazione concessa da uno Stato membro ai titolari di certificati di vaccinazione rilasciati a norma del presente regolamento. Tale possibilità non dovrebbe essere intesa in modo da incidere sull’obbligo degli Stati membri di rilasciare certificati di vaccinazione conformi ai requisiti del presente regolamento né sul diritto dei cittadini dell’Unione o dei loro familiari di ricevere, dagli Stati membri, tali certificati di vaccinazione. Al contempo, è opportuno che gli Stati membri restino liberi di rilasciare prove di vaccinazione in altri formati per altri fini, in particolare per fini medici.

(31)

 

È inoltre opportuno che, su richiesta, gli Stati membri rilascino i certificati di vaccinazione alle persone che sono state vaccinate in un paese terzo e che forniscono tutte le informazioni necessarie, ivi inclusa una prova affidabile della vaccinazione. Ciò è particolarmente importante al fine di consentire alle persone interessate di avvalersi di un certificato di vaccinazione interoperabile e accettato nel momento in cui esercitano il loro diritto di libera circolazione all’interno dell’Unione. Tale disposizione dovrebbe applicarsi in particolare ai cittadini dell’Unione e ai loro familiari che sono stati vaccinati in un paese terzo e per i quali il sistema sanitario di uno Stato membro prevede il rilascio di un certificato COVID digitale dell’UE, purché detto Stato membro abbia ricevuto una prova affidabile della vaccinazione. Gli Stati membri non dovrebbero essere tenuti a rilasciare un certificato di vaccinazione laddove il vaccino anti COVID-19 in questione non sia stato autorizzato all’uso nel loro territorio. Gli Stati membri non hanno l’obbligo di rilasciare tali certificati di vaccinazione presso gli uffici consolari.

(32)

 

Il 12 marzo 2021 la rete eHealth ha aggiornato i suoi orientamenti sui certificati di vaccinazione verificabili — elementi basilari di interoperabilità. Tali orientamenti, in particolare gli standard di codici preferiti, dovrebbero costituire la base delle specifiche tecniche adottate ai fini del presente regolamento.

(33)

 

Prima della data di applicazione del presente regolamento alcune restrizioni alla libera circolazione all’interno dell’Unione già non erano applicate da vari Stati membri alle persone vaccinate. Qualora gli Stati membri accettino una prova di vaccinazione come base per non applicare le restrizioni alla libera circolazione messe in atto, in conformità del diritto dell’Unione, per limitare la diffusione del SARS-CoV-2, come l’obbligo di sottoporsi a quarantena o ad autoisolamento o a un test per l’infezione da SARS-CoV-2, essi dovrebbero essere tenuti ad accettare, alle stesse condizioni, certificati di vaccinazione rilasciati da altri Stati membri a norma del presente regolamento. Tale accettazione dovrebbe avvenire alle stesse condizioni, vale a dire che, per esempio, se uno Stato membro considerasse sufficiente la somministrazione di una sola dose di vaccino, dovrebbe farlo anche per i titolari di un certificato di vaccinazione che indica una sola dose dello stesso vaccino. Laddove gli Stati membri revochino le restrizioni alla libera circolazione sulla base di prova di vaccinazione, essi non dovrebbero assoggettare le persone vaccinate a restrizioni aggiuntive alla libera circolazione connesse alla pandemia di COVID-19, come i test per motivi di viaggio per l’infezione da SARS-CoV-2 o la quarantena o l’autoisolamento per motivi di viaggio, a meno che tali restrizioni aggiuntive, sulla base degli ultimi dati scientifici a disposizione, non siano necessarie e proporzionate allo scopo di tutelare la salute pubblica e non siano discriminatorie.

(34)

 

Il regolamento (CE) n. 726/2004 introduce procedure armonizzate, alle quali sono associati tutti gli Stati membri, per l’autorizzazione e la vigilanza dei medicinali a livello dell’Unione, garantendo che in tutta l’Unione siano immessi sul mercato e somministrati al pubblico solo medicinali di alta qualità. Di conseguenza, le autorizzazioni all’immissione in commercio da parte dell’Unione a norma di tale regolamento, inclusa la relativa valutazione del medicinale interessato in termini di qualità, sicurezza ed efficacia, sono valide in tutti gli Stati membri. Inoltre, le procedure di seguito e sorveglianza dell’efficacia dei medicinali autorizzati a norma di detto regolamento sono seguite a livello centrale per tutti gli Stati membri. La valutazione e l’approvazione dei vaccini attraverso la procedura centralizzata si attengono a norme comuni e avvengono in modo coerente a nome di tutti gli Stati membri. La partecipazione degli Stati membri all’analisi e all’approvazione della valutazione è garantita da diversi gruppi e comitati. La valutazione si avvale altresì dell’esperienza della rete europea di regolamentazione dei medicinali. L’autorizzazione attraverso la procedura centralizzata garantisce che tutti gli Stati membri possano fare affidamento sui dati relativi all’efficacia e alla sicurezza e alla coerenza dei lotti utilizzati per la vaccinazione. L’obbligo di accettare, alle stesse condizioni, i certificati di vaccinazione rilasciati da altri Stati membri dovrebbe pertanto includere i vaccini anti COVID-19 che sono stati autorizzati all’immissione in commercio a norma del regolamento (CE) n. 726/2004. Al fine di sostenere il lavoro dell’OMS e di adoperarsi per migliorare l’interoperabilità globale, gli Stati membri sono incoraggiati in modo particolare ad accettare certificati di vaccinazione rilasciati per altri vaccini anti COVID-19 che abbiano completato l’iter previsto per l’inserimento nell’elenco per l’uso di emergenza dell’OMS.

(35)

 

Le procedure armonizzate a norma del regolamento (CE) n. 726/2004 non dovrebbero impedire agli Stati membri di decidere di accettare certificati di vaccinazione rilasciati per altri vaccini anti COVID-19 che abbiano ottenuto un’autorizzazione all’immissione in commercio dall’autorità competente di uno Stato membro a norma della direttiva 2001/83/CE, vaccini la cui distribuzione sia stata temporaneamente autorizzata a norma dell’articolo 5, paragrafo 2, di tale direttiva, e vaccini che abbiano completato l’iter previsto per l’inserimento nell’elenco per l’uso di emergenza dell’OMS. Qualora tale vaccino anti COVID-19 ottenga successivamente l’autorizzazione all’immissione in commercio a norma del regolamento (CE) n. 726/2004, l’obbligo di accettare i certificati di vaccini alle stesse condizioni riguarderebbe anche i certificati di vaccinazione rilasciati da uno Stato membro per tale vaccino anti COVID-19, indipendentemente dal fatto che i certificati di vaccinazione siano stati rilasciati prima o dopo l’autorizzazione attraverso la procedura centralizzata.

(36)

 

È necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate, per esempio per motivi medici, perché non rientrano nel gruppo di destinatari per cui il vaccino anti COVID-19 è attualmente somministrato o consentito, come i bambini, o perché non hanno ancora avuto l’opportunità di essere vaccinate o hanno scelto di non essere vaccinate. Pertanto il possesso di un certificato di vaccinazione, o di un certificato di vaccinazione che attesti l’uso di uno specifico vaccino anti COVID-19, non dovrebbe costituire una condizione preliminare per l’esercizio del diritto di libera circolazione o per l’utilizzo di servizi di trasporto passeggeri transfrontalieri quali linee aeree, treni, pullman, traghetti o qualsiasi altro mezzo di trasporto. Inoltre, il presente regolamento non può essere interpretato nel senso che istituisce un diritto o un obbligo a essere vaccinati.

(37)

 

Molti Stati membri hanno imposto ai viaggiatori di sottoporsi a un test per l’infezione da SARS-CoV-2 prima o dopo l’arrivo nel loro territorio. All’inizio della pandemia di COVID-19 gli Stati membri si affidavano generalmente al test di reazione a catena della polimerasi-trascrittasi inversa (RT-PCR), che è un test di amplificazione dell’acido nucleico (NAAT) per la diagnosi della COVID-19 considerato dall’OMS e dall’ECDC la metodologia più affidabile per testare i casi e i contatti. Con il progredire della pandemia è diventata disponibile sul mercato dell’Unione una nuova generazione di test più rapidi e meno costosi, i cosiddetti test antigenici rapidi, che individuano la presenza di proteine virali (antigeni) per individuare un’infezione da SARS-CoV-2 in corso. La raccomandazione (UE) 2020/1743 della Commissione (12) stabilisce orientamenti per gli Stati membri in merito all’uso di tali test antigenici rapidi.

(38)

 

La raccomandazione del Consiglio del 21 gennaio 2021 (13) stabilisce un quadro comune per l’uso e la convalida dei test antigenici rapidi e il riconoscimento reciproco dei risultati dei test per la COVID-19 nell’Unione e prevede lo sviluppo di un elenco comune di test antigenici rapidi per la COVID-19. Sulla base di detta raccomandazione il comitato per la sicurezza sanitaria ha concordato, il 18 febbraio 2021, un elenco comune di test antigenici rapidi per la COVID-19, una scelta di test antigenici rapidi i cui risultati saranno reciprocamente riconosciuti dagli Stati membri, e una serie comune standardizzata di dati da inserire nei certificati del test per la COVID-19.

(39)

 

Malgrado tali sforzi comuni, i cittadini dell’Unione e i loro familiari che esercitano il diritto di libera circolazione continuano a incontrare problemi quando intendono avvalersi in uno Stato membro del risultato di un test ottenuto in un altro Stato membro. Tali problemi sono spesso connessi alla lingua in cui è redatto il risultato del test o alla mancanza di fiducia nell’autenticità del documento esibito. In tale contesto, è altresì necessario tenere conto del costo dei test. Tali problemi sono aggravati per coloro che non possono ancora essere vaccinati, in particolare i bambini, per i quali i risultati dei test potrebbero essere l’unico modo per viaggiare verso destinazioni dove sono in atto restrizioni.

(40)

 

Per migliorare il livello di accettazione dei risultati dei test effettuati in un altro Stato membro quando tali risultati sono presentati allo scopo di esercitare il diritto di libera circolazione, è opportuno istituire un certificato interoperabile del test, contenente le informazioni necessarie per identificare chiaramente il titolare, nonché il tipo, la data e il risultato del test per l’infezione da SARS-CoV-2. Per garantire l’attendibilità dei risultati dei test, è opportuno che soltanto i risultati dei test NAAT e dei test antigenici rapidi figuranti nell’elenco stabilito sulla base della raccomandazione del Consiglio del 21 gennaio 2021 siano ammissibili per ottenere un certificato del test rilasciato sulla base del presente regolamento. La serie comune standardizzata di dati da inserire nei certificati del test concordati dal comitato per la sicurezza sanitaria sulla base della raccomandazione del Consiglio del 21 gennaio 2021, in particolare gli standard di codici preferiti, dovrebbe formare la base delle specifiche tecniche da adottare ai fini del presente regolamento.

(41)

 

Il ricorso a test antigenici rapidi consentirebbe di facilitare il rilascio di certificati di test in modo economicamente conveniente. L’accesso universale, tempestivo ed economicamente conveniente ai vaccini anti COVID-19 e ai test per l’infezione da SARS-CoV-2, alla base del rilascio dei certificati che costituiscono il certificato COVID digitale dell’UE, è essenziale ai fini della lotta contro la pandemia di COVID-19. Tra l’altro, l’accesso agevole a test antigenici rapidi non onerosi e conformi ai criteri di qualità può contribuire a ridurre i costi, in particolare per le persone che attraversano quotidianamente o frequentemente le frontiere per motivi di lavoro o studio, per rendere visita a parenti stretti, per ottenere assistenza medica o per prendersi cura di persone care, nonché per altri viaggiatori aventi una funzione o una necessità essenziale, per le persone economicamente svantaggiate e per gli studenti. L’11 maggio 2021 il comitato per la sicurezza sanitaria ha adottato un elenco aggiornato di test antigenici rapidi, portando a 83 i test antigenici rapidi riconosciuti conformi ai criteri di qualità. Prima della data di applicazione della presente direttiva, diversi Stati membri offrivano già alla rispettiva popolazione possibilità di test su larga scala. Al fine di sostenere la capacità di test degli Stati membri, la Commissione ha mobilitato 100 milioni di EUR per l’acquisto di oltre 20 milioni di test antigenici rapidi. Sono altresì stati mobilitati 35 milioni di EUR nel quadro di un accordo con la Croce rossa per accrescere la capacità di test negli Stati membri attraverso capacità di test mobili.

(42)

 

I certificati del test per la COVID-19 con risultati negativi rilasciati dagli Stati membri in conformità del presente regolamento dovrebbero essere accettati, alle stesse condizioni, dagli Stati membri che richiedono la prova di un test per l’infezione da SARS-CoV-2 al fine di derogare alle restrizioni alla libera circolazione poste in essere per limitare la diffusione del SARS-CoV-2. Se la situazione epidemiologica lo consente, i titolari di un certificato indicante esito negativo a un test non dovrebbero essere soggetti a restrizioni aggiuntive alla libera circolazione connesse alla pandemia di COVID-19, come i test aggiuntivi all’arrivo per motivi di viaggio per l’infezione da SARS-CoV-2 o la quarantena o l’autoisolamento per motivi di viaggio, a meno che tali restrizioni aggiuntive, sulla base degli ultimi dati scientifici a disposizione, non siano necessarie e proporzionate allo scopo di tutelare la salute pubblica e non siano discriminatorie.

(43)

 

In base alle prove scientifiche esistenti, è possibile che le persone che sono guarite dalla COVID-19 continuino a risultare positive ai test per il SARS-CoV-2 per un certo periodo dopo la comparsa dei sintomi. Di conseguenza, se tali persone sono tenute a sottoporsi a un test come condizione preliminare per poter esercitare il loro diritto di libera circolazione, potrebbe pertanto essere loro vietato di viaggiare sebbene non siano più infette. Al fine di agevolare la libera circolazione e fare in modo che le restrizioni alla libera circolazione attualmente in vigore durante la pandemia di COVID-19 possano essere revocate in modo coordinato sulla base degli ultimi dati scientifici disponibili, è opportuno stabilire un certificato di guarigione interoperabile, contenente le informazioni necessarie per identificare chiaramente il titolare e la data di un precedente test con esito positivo per l’infezione da SARS-CoV-2. È opportuno che il certificato di guarigione sia rilasciato non prima di 11 giorni dopo la data in cui la persona è stata sottoposta per la prima volta a un test NAAT che ha prodotto un risultato positivo e che sia valido non più di 180 giorni. Secondo l’ECDC, dati recenti dimostrano che malgrado la diffusione di SARS-CoV-2 vitale nel periodo compreso tra dieci e venti giorni dal manifestarsi dei sintomi, non vi sono studi epidemiologici convincenti che dimostrino la trasmissione del SARS-CoV-2 dopo dieci giorni. Alla Commissione dovrebbe essere conferito il potere di modificare tale periodo sulla base degli orientamenti del comitato per la sicurezza sanitaria o dell’ECDC, che studia attentamente la base di prove sulla durata dell’immunità acquisita dopo la guarigione.

(44)

 

Già prima della data di applicazione del presente regolamento, alcune restrizioni alla libera circolazione all’interno dell’Unione non erano applicate da vari Stati membri alle persone guarite. Qualora gli Stati membri accettino una prova di guarigione come base per non applicare le restrizioni alla libera circolazione messe in atto, in conformità del diritto dell’Unione, per limitare la diffusione del SARS-CoV-2, come l’obbligo di sottoporsi a quarantena o ad autoisolamento o a un test per l’infezione da SARS-CoV-2, essi dovrebbero essere tenuti ad accettare, alle stesse condizioni, certificati di guarigione dalla COVID-19 rilasciati da altri Stati membri in conformità del presente regolamento. Il 15 marzo 2021 la rete eHealth, in collaborazione con il comitato per la sicurezza sanitaria, ha pubblicato degli orientamenti sui certificati interoperabili di guarigione dalla COVID-19 per i cittadini – insieme minimo di dati. Qualora gli Stati membri revochino le restrizioni alla libera circolazione sulla base di un certificato di guarigione, essi non dovrebbero assoggettare le persone guarite a restrizioni aggiuntive alla libera circolazione connesse alla pandemia di COVID-19, come i test per motivi di viaggio per l’infezione da SARS-CoV-2 la quarantena o l’autoisolamento per motivi di viaggio, a meno che tali restrizioni aggiuntive, sulla base degli ultimi dati scientifici a disposizione, non siano necessarie e proporzionate allo scopo di tutelare la salute pubblica e non siano discriminatorie.

(45)

 

Per poter ottenere rapidamente una posizione comune, la Commissione dovrebbe essere in grado di chiedere al comitato per la sicurezza sanitaria, all’ECDC o all’EMA di emanare orientamenti sui dati scientifici disponibili sugli effetti di eventi medici documentati nei certificati rilasciati in conformità del presente regolamento, compresi l’efficacia e la durata dell’immunità conferita dai vaccini anti COVID-19, il fatto che i vaccini impediscano o meno l’infezione e la trasmissione asintomatiche del SARS-CoV-2, la situazione delle persone guarite dalla COVID-19 e gli effetti delle nuove varianti del SARS-CoV-2 su persone che sono state vaccinate o già infettate.

(46)

 

È opportuno attribuire alla Commissione competenze di esecuzione al fine di garantire condizioni uniformi di esecuzione del quadro di fiducia istituito dal presente regolamento. È altresì opportuno che tali competenze siano esercitate conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (14).

(47)

 

La Commissione dovrebbe adottare atti di esecuzione immediatamente applicabili ove sussistano, in casi debitamente giustificati connessi in particolare alla necessità di garantire una tempestiva attuazione del quadro di fiducia, imperativi motivi di urgenza o qualora diventino disponibili nuovi dati scientifici,

(48)

 

Il regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio (15) si applica al trattamento dei dati personali effettuato nel quadro del presente regolamento. Il presente regolamento stabilisce la base giuridica per il trattamento dei dati personali ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera c), e dell’articolo 9, paragrafo 2, lettera g), del regolamento (UE) 2016/679, necessario per il rilascio e la verifica dei certificati interoperabili previsti dal presente regolamento. Esso non disciplina il trattamento dei dati personali relativi alla documentazione di una vaccinazione, di un test o di una guarigione per altri fini, per esempio a fini di farmacovigilanza o per la conservazione di cartelle cliniche individuali. Gli Stati membri possono trattare i dati personali per altri fini se la base giuridica per il trattamento di tali dati ad altri fini, inclusi i relativi periodi di conservazione, è stabilita dalle legislazioni nazionali, che devono essere conformi alla normativa dell’Unione in materia di protezione di dati e ai principi di efficacia, necessità e proporzionalità, e dovrebbero contenere disposizioni che definiscono chiaramente l’ambito e la portata del trattamento, la finalità specifica in questione, le categorie di soggetti che possono verificare il certificato nonché le pertinenti garanzie per prevenire discriminazioni e abusi, tenendo conto dei rischi per i diritti e le libertà degli interessati. Laddove il certificato venga utilizzato per scopi non medici, i dati personali ai quali viene effettuato l’accesso durante il processo di verifica non devono essere conservati, secondo le disposizioni del presente regolamento.

(49)

 

Qualora uno Stato membro abbia adottato o adotti, in forza del diritto nazionale, un sistema di certificati COVID-19 a fini nazionali, esso dovrebbe garantire, per il periodo di applicazione del presente regolamento, che i certificati che costituiscono il certificato COVID digitale dell’UE possano essere utilizzati e siano accettati anche per fini interni, in modo da evitare che coloro che si recano in altri Stati membri avvalendosi del certificato COVID digitale dell’UE siano obbligati a ottenere un certificato COVID-19 nazionale.

(50)

 

Secondo il principio della minimizzazione dei dati, è opportuno che i certificati COVID-19 contengano soltanto i dati personali strettamente necessari per agevolare l’esercizio del diritto di libera circolazione all’interno dell’Unione durante la pandemia di COVID-19. È opportuno che il presente regolamento stabilisca le specifiche categorie di dati personali e i campi di dati da inserire nei certificati COVID-19.

(51)

 

Ai fini del presente regolamento, non è necessario trasmettere o scambiare a livello transfrontaliero i dati personali relativi a singoli certificati. In linea con l’approccio infrastrutturale a chiave pubblica, solo le chiavi pubbliche dei soggetti che hanno rilasciato i certificati devono essere trasferite o essere accessibili a livello transfrontaliero; a ciò provvederà un gateway di interoperabilità istituito e gestito dalla Commissione. In particolare, la presenza del certificato in combinazione con la chiave pubblica del soggetto che ha rilasciato il certificato dovrebbe autorizzare la verifica dell’autenticità, della validità e dell’integrità del certificato. Al fine di prevenire e individuare i casi di frode, è opportuno che gli Stati membri possano procedere allo scambio di elenchi di certificati revocati. In linea con il principio della protezione dei dati per impostazione predefinita, è opportuno utilizzare tecniche di verifica che non richiedano la trasmissione di dati personali relativi a singoli certificati.

(52)

 

Allo Stato membro di destinazione o di transito, o agli operatori di servizi transfrontalieri di trasporto passeggeri tenuti a norma del diritto nazionale ad attuare determinate misure di sanità pubblica durante la pandemia di COVID-19 dovrebbe essere vietato conservare i dati personali ottenuti dal certificato. Il presente regolamento non fornisce una base giuridica per la costituzione o il mantenimento di una banca dati centralizzata a livello dell’Unione contenente dati personali.

(53)

 

A norma del regolamento (UE) 2016/679, i titolari e i responsabili del trattamento dei dati sono tenuti a prendere misure tecniche e organizzative atte a garantire un livello di sicurezza adeguato al rischio del trattamento.

(54)

 

Le autorità o altri organismi designati competenti per il rilascio dei certificati che costituiscono il certificato COVID digitale dell’UE, in qualità di titolari del trattamento ai sensi del regolamento (UE) 2016/679, sono responsabili del modo in cui trattano i dati personali rientranti nell’ambito del presente regolamento. Ciò include assicurare un livello di sicurezza adeguato ai rischi, anche definendo una procedura per testare, verificare e valutare regolarmente l’efficacia delle misure tecniche e organizzative al fine di garantire la sicurezza del trattamento. Al fine di tutelare le persone fisiche con riguardo al trattamento dei loro dati personali, i poteri delle autorità di controllo di cui al regolamento (UE) 2016/679 sono pienamente applicabili.

(55)

 

Per assicurare il coordinamento, è opportuno che la Commissione e gli altri Stati membri siano informati quando uno Stato membro richiede ai titolari di certificati di sottoporsi, dopo l’ingresso nel suo territorio, a quarantena o ad autoisolamento o a un test per l’infezione da SARS-CoV-2, o quando impone altre restrizioni nei confronti dei titolari di tali certificati.

(56)

 

Una comunicazione chiara, completa e tempestiva al pubblico, compresi i titolari, in merito alla finalità, al rilascio e all’accettazione di ciascun tipo di certificato che costituisce il certificato COVID digitale dell’UE è fondamentale per garantire la prevedibilità dei viaggi e la certezza del diritto. La Commissione dovrebbe sostenere gli sforzi degli Stati membri in tal senso, per esempio mettendo a disposizione le informazioni fornite dagli Stati membri sulla piattaforma web «Re-open EU».

(57)

 

È opportuno prevedere un periodo di introduzione graduale in modo da offrire agli Stati membri che alla data di applicazione del presente regolamento non sono in grado di rilasciare certificati in un formato conforme allo stesso la possibilità di continuare a rilasciare certificati COVID-19 che non sono ancora conformi al presente regolamento. Durante il periodo di introduzione graduale, tali certificati COVID-19 e i certificati COVID-19 rilasciati prima della data di applicazione del presente regolamento, dovrebbero essere accettati dagli Stati membri a condizione che riportino i dati necessari.

(58)

 

In conformità della raccomandazione (UE) 2020/1475, tutte le restrizioni alla libera circolazione delle persone all’interno dell’Unione attuate per limitare la diffusione del SARS-CoV-2 dovrebbero essere revocate non appena la situazione epidemiologica lo consente. Ciò riguarda anche i requisiti di presentare documenti diversi da quelli richiesti dal diritto dell’Unione, in particolare dalla direttiva 2004/38/CE, quali i certificati di cui al presente regolamento. Il presente regolamento dovrebbe applicarsi per 12 mesi a partire dalla sua data di applicazione. Entro quattro mesi dalla data di applicazione del presente regolamento, la Commissione dovrebbe presentare una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio. Al più tardi tre mesi prima della fine del periodo di applicazione del presente regolamento, tenendo conto dell’evoluzione della situazione epidemiologica legata alla pandemia di COVID-19, la Commissione dovrebbe presentare una seconda relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sugli insegnamenti tratti dall’applicazione del presente regolamento, in particolare per quanto concerne il suo impatto sulla facilitazione della libera circolazione e sulla protezione dei dati.

(59)

 

Per tenere conto dei progressi scientifici compiuti nel contenere la pandemia di COVID-19 o per garantire l’interoperabilità con le norme internazionali, è opportuno delegare alla Commissione il potere di adottare atti conformemente all’articolo 290 TFUE per modificare il presente regolamento modificando o rimuovendo i campi di dati da includere nel certificato COVID digitale dell’UE riguardanti l’identità del titolare, le informazioni sul vaccino anti COVID-19, il test per l’infezione da SARS-CoV-2, la precedente infezione da SARS-CoV-2 e i metadati del certificato, aggiungendo campi di dati riguardanti le informazioni sul vaccino COVID-19, il test per l’infezione da SARS-CoV-2, la precedente infezione da SARS-CoV-2 e i metadati del certificato, nonché modificando il numero di giorno dopo i quali deve essere rilasciato un certificato di guarigione. Al fine di tenere conto degli orientamenti ricevuti, è opportuno delegare alla Commissione il potere di adattare atti delegati conformemente all’articolo 290 TFUE per modificare le disposizioni del presente regolamento relative al certificato di guarigione, prevedendo che il suo rilascio avvenga sulla base di un test antigenico rapido positivo, di un test sierologico per la ricerca di anticorpi contro il SARS-CoV-2 o di qualsiasi altro metodo scientificamente affidabile. Tali atti delegati dovrebbero includere i necessari campi di dati relativi alle categorie di dati definite nel presente regolamento che è opportuno inserire nel certificato di guarigione. Dovrebbero inoltre contenere disposizioni specifiche sul periodo massimo di validità, che potrebbe dipendere dal tipo di test effettuato. È di particolare importanza che durante i lavori preparatori la Commissione svolga adeguate consultazioni, anche a livello di esperti, nel rispetto dei principi stabiliti nell’accordo interistituzionale del 13 aprile 2016«Legiferare meglio» (16). In particolare, al fine di garantire la parità di partecipazione alla preparazione degli atti delegati, il Parlamento europeo e il Consiglio ricevono tutti i documenti contemporaneamente agli esperti degli Stati membri, e i loro esperti hanno sistematicamente accesso alle riunioni dei gruppi di esperti della Commissione incaricati della preparazione di tali atti delegati.

(60)

 

A norma del regolamento (UE) 2018/1725 del Parlamento europeo e del Consiglio (17), la Commissione consulta il Garante europeo della protezione dei dati durante la stesura di atti delegati o di esecuzione che incidano sulla tutela dei diritti e delle libertà delle persone in relazione al trattamento dei dati personali. La Commissione può inoltre consultareil comitato europeo per la protezione dei dati qualora tali atti siano di particolare importanza per la tutela dei diritti e delle libertà delle persone in relazione al trattamento dei dati personali.

(61)

 

Poiché l’obiettivo del presente regolamento, vale a dire agevolare l’esercizio del diritto di libera circolazione all’interno dell’Unione durante la pandemia di COVID-19 istituendo un quadro per il rilascio, la verifica e l’accettazione di certificati COVID-19 interoperabili relativi alla vaccinazione, al risultato dei test e alla di guarigione di una persona dalla COVID-19, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della portata e degli effetti dell’azione in questione, può essere conseguito meglio a livello di Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.

(62)

 

Il presente regolamento rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti, in particolare, dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea («Carta»), tra cui il diritto al rispetto della vita privata e della vita familiare, il diritto alla protezione dei dati di carattere personale, il diritto all’uguaglianza davanti alla legge e alla non discriminazione, la libertà di movimento e il diritto a un ricorso effettivo. Nell’attuazione del presente regolamento gli Stati membri devono rispettare la Carta.

(63)

 

Tenuto conto dell’urgenza determinata dalla pandemia di COVID-19, il presente regolamento dovrebbe entrare in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

(64)

 

Il Garante europeo della protezione dei dati e il comitato europeo per la protezione dei dati sono stati consultati in conformità all’articolo 42 del regolamento (UE) 2018/1725 e hanno espresso un parere congiunto il 31 marzo 2021 (18),

HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

Articolo 1

Oggetto

Il presente regolamento stabilisce un quadro per il rilascio, la verifica e l’accettazione di certificati COVID-19 interoperabili relativi alla vaccinazione, ai test e alla guarigione (certificato COVID digitale dell’UE) con lo scopo di agevolare l’esercizio del diritto di libera circolazione durante la pandemia di COVID-19 da parte dei loro titolari. Il presente regolamento contribuisce inoltre ad agevolare la revoca graduale delle restrizioni alla libera circolazione poste in essere dagli Stati membri, in conformità del diritto dell’Unione, per limitare la diffusione del SARS-CoV-2 in modo coordinato.

Esso fornisce la base giuridica per il trattamento dei dati personali necessari per rilasciare tali certificati e per il trattamento delle informazioni necessarie per verificare e comprovare l’autenticità e la validità di tali certificati nel pieno rispetto del regolamento (UE) 2016/679.

Articolo 2

Definizioni

Ai fini del presente regolamento si applicano le definizioni seguenti:

1)

 

«titolare»: una persona cui è stato rilasciato un certificato interoperabile contenente informazioni sulla vaccinazione COVID-19 di tale persona, sul risultato dei suoi test o sulla sua guarigione dalla COVID-19 in conformità del presente regolamento;

2)

 

«certificato COVID digitale dell’UE»: certificati interoperabili contenenti informazioni sulla vaccinazione, sul risultato di un test o sulla guarigione del loro titolare, rilasciati nel contesto della pandemia di COVID-19;

3)

 

«vaccino anti COVID-19»: medicinale immunologico indicato per l’immunizzazione attiva contro la COVID-19 provocata dal SARS-CoV-2;

4)

 

«test NAAT»: test molecolare di amplificazione dell’acido nucleico, quali le tecniche di reazione a catena della polimerasi-trascrittasi inversa (RT-PCR), amplificazione isotermica mediata da loop (LAMP) e amplificazione mediata da trascrizione (TMA), utilizzato per rilevare la presenza dell’acido ribonucleico (RNA) del SARS-CoV-2;

5)

 

«test antigenico rapido»: test basato sull’individuazione di proteine virali (antigeni) mediante immunodosaggio a flusso laterale che dà risultati in meno di 30 minuti;

6)

 

«test anticorpale»: test di laboratorio volto a rilevare se una persona abbia sviluppato anticorpi contro il SARS-CoV-2, e quindi in grado di indicare che il suo titolare è stato esposto al SARS-CoV-2 e ha sviluppato anticorpi, indipendentemente dalla presenza di sintomi nella persona;

7)

 

«interoperabilità»: capacità dei sistemi di verifica di uno Stato membro di utilizzare i dati codificati da un altro Stato membro;

8)

 

«codice a barre»: metodo per memorizzare e rappresentare dati in un formato visivo leggibile meccanicamente;

9)

 

«sigillo elettronico»: un sigillo elettronico quale definito all’articolo 3, punto 25, del regolamento (UE) n. 910/2014;

10)

 

«identificativo univoco del certificato»: identificativo univoco assegnato, secondo una struttura comune, a ciascun certificato rilasciato in conformità del presente regolamento;

11)

 

«quadro di fiducia»: le norme, le politiche, le specifiche, i protocolli, i formati di dati e l’infrastruttura digitale che disciplinano e consentono il rilascio e la verifica affidabili e sicuri dei certificati per assicurarne l’affidabilità, comprovandone l’autenticità, la validità e l’integrità, mediante l’uso di sigilli elettronici.

Articolo 3

Certificato COVID digitale dell’UE

1. Il quadro del certificato COVID digitale dell’UE consente il rilascio, la verifica e l’accettazione transfrontaliere di uno qualunque dei seguenti certificati:

a)

 

un certificato comprovante che al titolare è stato somministrato un vaccino anti COVID-19 nello Stato membro di rilascio del certificato (certificato di vaccinazione);

b)

 

un certificato comprovante che il titolare è stato sottoposto a un test NAAT o a un test antigenico rapido figurante nell’elenco comune e aggiornato dei test antigenici rapidi per la COVID-19 stabilito sulla base della raccomandazione del Consiglio del 21 gennaio 2021, effettuato da operatori sanitari o da personale addestrato nello Stato membro che rilascia il certificato e indicanteil tipo di test, la data in cui è stato effettuato e il risultato del test (certificato di test);

c)

 

un certificato comprovante che, successivamente a un risultato positivo di un test NAAT effettuato da operatori sanitari o da personale addestrato, il titolare risulta guarito da un’infezione da SARS-CoV-2 (certificato di guarigione).

La Commissione pubblica l’elenco dei test antigenici rapidi per la COVID-19 stabilito sulla base della raccomandazione del Consiglio del 21 gennaio 2021, compresi eventuali aggiornamenti.

2. Gli Stati membri o gli organismi designati che agiscono per conto degli Stati membri rilasciano i certificati di cui al paragrafo 1 del presente articolo in formato digitale o cartaceo, o in entrambi i formati. I potenziali titolari hanno il diritto di ricevere i certificati nel formato di loro scelta. Tali certificati sono di facile utilizzo e contengono un codice a barre interoperabile che consente di verificarne l’autenticità, la validità e l’integrità. Il codice a barre è conforme alle specifiche tecniche stabilite a norma dell’articolo 9. Le informazioni figuranti nei certificati sono espresse anche in formato leggibile all’uomo e presentate almeno nella lingua o nelle lingue ufficiali dello Stato membro di rilascio e in inglese.

3. Per ogni vaccinazione, risultato del test o guarigione è rilasciato un certificato distinto. Tale certificato non contiene dati di certificati precedenti, tranne nei casi altrimenti specificati dal presente regolamento.

4. Il certificato di cui al paragrafo 1 è rilasciato gratuitamente. Il titolare ha diritto di chiedere il rilascio di un nuovo certificato se i dati personali figuranti nel certificato originale non sono, o non sono più, esatti o aggiornati, anche per quanto riguarda la vaccinazione, il risultato del test o la guarigione del titolare, o se il certificato originale non è più a sua disposizione. In caso di perdita ripetuta possono essere addebitate tariffe adeguate per il rilascio di un nuovo certificato.

5. Nel certificato di cui al paragrafo 1 figura il seguente testo:

«Il presente certificato non è un documento di viaggio. I dati scientifici relativi alla vaccinazione, ai test e alla guarigione dalla COVID-19 continuano a evolvere, anche alla luce delle nuove varianti del virus che destano preoccupazione. Prima di mettersi in viaggio, verificare le misure sanitarie pubbliche applicabili e le relative restrizioni applicabili nel luogo di destinazione.»

Gli Stati membri forniscono al titolare informazioni chiare, complete e tempestive sul rilascio e sullo scopo dei certificati di vaccinazione, dei certificati di test o dei certificati di guarigione ai fini del presente regolamento.

6. Il possesso dei certificati di cui al paragrafo 1 non costituisce una condizione preliminare per l’esercizio del diritto di libera circolazione.

7. Il rilascio di certificati a norma del paragrafo 1 del presente articolo non comporta una discriminazione basata sul possesso di una specifica categoria di certificato di cui agli articoli 5, 6 o 7.

8. Il rilascio dei certificati di cui al paragrafo 1 non pregiudica la validità di un’altra prova di vaccinazione, risultato del test o guarigione rilasciata prima del 1o luglio 2021 o per altri fini, in particolare a fini medici.

9. Gli operatori di servizio di trasporto passeggeri transfrontalieri tenuti, a norma del diritto nazionale, ad attuare determinate misure di sanità pubblica durante la pandemia di COVID-19, garantiscono che la verifica dei certificati di cui al paragrafo 1 sia integrata nel funzionamento delle infrastrutture di trasporto transfrontaliere, quali aeroporti, porti, stazioni ferroviarie e autostazioni, se del caso.

10. La Commissione può adottare atti di esecuzione che stabiliscono che i certificati COVID-19 rilasciati da un paese terzo con il quale l’Unione e gli Stati membri hanno concluso un accordo sulla libera circolazione delle persone che consente alle parti contraenti di limitare in modo non discriminatorio la libera circolazione per motivi di sanità pubblica e che non contiene un meccanismo di incorporazione degli atti giuridici dell’Unione sono equivalenti a quelli rilasciati in conformità del presente regolamento. Laddove la Commissione adotti tali atti di esecuzione, i certificati interessati sono accettati alle condizioni di cui all’articolo 5, paragrafo 5, all’articolo 6, paragrafo 5, e all’articolo 7, paragrafo 8.

Prima di adottare detti atti di esecuzione la Commissione valuta se tale paese terzo rilascia certificati equivalenti a quelli rilasciati in conformità del presente regolamento e ha fornito garanzie formali che accetterà i certificati rilasciati dagli Stati membri.

Gli atti di esecuzione di cui al primo comma del presente paragrafo sono adottati secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 14, paragrafo 2.

11. Ove necessario, la Commissione chiede al comitato per la sicurezza sanitaria, all’ECDC o all’EMA di emanare orientamenti sui dati scientifici disponibili in merito agli effetti degli eventi medici documentati nei certificati di cui al paragrafo 1, in particolare per quanto riguarda nuove varianti del SARS-CoV-2 che destino preoccupazione.

Articolo 4

Quadro di fiducia per il certificato COVID digitale dell’UE

1. La Commissione e gli Stati membri istituiscono e mantengono un quadro di fiducia per il certificato COVID digitale dell’UE.

2. Il quadro di fiducia si basa su un’infrastruttura a chiave pubblica e consente il rilascio e la verifica affidabili e sicuri dell’autenticità, della validità e dell’integrità dei certificati di cui all’articolo 3, paragrafo 1. Il quadro di fiducia consente l’individuazione delle frodi, in particolare delle falsificazioni. Può inoltre sostenere lo scambio bilaterale degli elenchi dei certificati revocati contenenti gli identificativi univoci dei certificati revocati. Detti elenchi dei certificati revocati non contengono altri dati personali. La verifica dei certificati di cui all’articolo 3, paragrafo 1, e, se del caso, degli elenchi dei certificati revocati non comporta la notifica della verifica all’emittente.

3. Il quadro di fiducia cerca di garantire l’interoperabilità con i sistemi tecnologici istituiti a livello internazionale.

Articolo 5

Certificato di vaccinazione

1. Ciascuno Stato membro rilascia alle persone cui è stato somministrato un vaccino anti COVID-19, automaticamente o su richiesta delle persone interessate, il certificato di vaccinazione di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera a). Tali persone sono informate del loro diritto a un certificato di vaccinazione.

2. Il certificato di vaccinazione contiene le seguenti categorie di dati personali:

a)

 

l’identità del titolare;

b)

 

informazioni sul vaccino anti COVID-19 e sul numero di dosi somministrate al titolare;

c)

 

metadati del certificato, quali il soggetto che ha rilasciato il certificato o un identificativo univoco del certificato.

I dati personali sono inseriti nel certificato di vaccinazione conformemente ai campi specifici di dati di cui al punto 1 dell’allegato.

Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all’articolo 12 al fine di modificare il punto 1 dell’allegato modificando o rimuovendo, o aggiungendo campi di dati che rientrano nelle categorie di dati personali di cui al primo comma del presente paragrafo, lettere b) e c), qualora tale modifica sia necessaria per verificare e confermare l’autenticità, la validità e l’integrità del certificato di vaccinazione, nel caso di progressi scientifici nel contenimento della pandemia di COVID-19, o per garantire l’interoperabilità con le norme internazionali.

3. Il certificato di vaccinazione è rilasciato in un formato sicuro e interoperabile conformemente all’articolo 3, paragrafo 2, dopo la somministrazione di ciascuna dose e indica chiaramente se il ciclo di vaccinazione è stato completato o meno.

4. Qualora, in caso di comparsa di nuovi dati scientifici o per garantire l’interoperabilità con le norme e i sistemi tecnologici internazionali, motivi imperativi d’urgenza lo richiedano, agli atti delegati adottati ai sensi del presente articolo si applica la procedura di cui all’articolo 13.

5. Qualora accettino una prova di vaccinazione come base per non applicare le restrizioni alla libera circolazione messe in atto, in conformità del diritto dell’Unione, per limitare la diffusione del SARS-CoV-2, gli Stati membri accettano anche, alle stesse condizioni, i certificati di vaccinazione rilasciati dagli altri Stati membri in conformità del presente regolamento relativi a un vaccino anti COVID-19 che ha ottenuto un’autorizzazione all’immissione in commercio a norma del regolamento (CE) n. 726/2004.

Gli Stati membri possono anche accettare, per lo stesso scopo, certificati di vaccinazione rilasciati dagli altri Stati membri in conformità del presente regolamento relativi a un vaccino anti COVID-19 che ha ottenuto l’autorizzazione all’immissione in commercio dall’autorità competente di uno Stato membro a norma della direttiva 2001/83/CE, un vaccino anti COVID-19 la cui distribuzione è stata temporaneamente autorizzata ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, di tale direttiva o un vaccino anti COVID-19 che abbia completato l’iter previsto per l’inserimento nell’elenco per l’uso di emergenza dell’OMS.

Qualora gli Stati membri accettino certificati di vaccinazione per un vaccino anti COVID-19 di cui al secondo comma, essi accettano anche, alle stesse condizioni, i certificati di vaccinazione rilasciati dagli altri Stati membri in conformità del presente regolamento per lo stesso vaccino anti COVID-19.

Articolo 6

Certificato di test

1. Ciascuno Stato membro rilascia alle persone che si sono sottoposte a un test per l’infezione da SARS-CoV-2, automaticamente o su richiesta delle persone interessate, il certificato di test di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera b). Tali persone sono informate del loro diritto a un certificato di test.

2. Il certificato di test contiene le seguenti categorie di dati personali:

a)

 

l’identità del titolare;

b)

 

informazioni riguardanti il test NAAT o il test antigenico rapido a cui il titolare si è sottoposto;

c)

 

metadati del certificato, quali il soggetto che ha rilasciato il certificato o un identificativo univoco del certificato.

I dati personali sono inseriti nel certificato di test conformemente ai campi specifici di dati di cui al punto 2 dell’allegato.

Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all’articolo 11 al fine di modificare il punto 2 dell’allegato modificando o rimuovendo, o aggiungendo campi di dati che rientrano nelle categorie di dati personali di cui al primo comma del presente paragrafo, lettere b) e c), qualora tale modifica sia necessaria per verificare e confermare l’autenticità, la validità e l’integrità del certificato di test, nel caso di progressi scientifici nel contenimento della pandemia di COVID-19, o per garantire l’interoperabilità con le norme internazionali.

3. Il certificato di test è rilasciato in un formato sicuro e interoperabile conformemente all’articolo 3, paragrafo 2.

4. Qualora, in caso di comparsa di nuovi dati scientifici o per garantire l’interoperabilità con le norme e i sistemi tecnologici internazionali, motivi imperativi d’urgenza lo richiedano, agli atti delegati adottati ai sensi del presente articolo si applica la procedura di cui all’articolo 13.

5. Qualora richiedano una prova dell’esecuzione di un test per l’infezione da SARS-CoV-2 al fine di non applicare le restrizioni alla libera circolazione messe in atto, in conformità del diritto dell’Unione e tenendo conto della situazione specifica delle comunità transfrontaliere, per limitare la diffusione del SARS-CoV-2, gli Stati membri accettano, alle stesse condizioni, anche i certificati di test attestanti un risultato negativo rilasciati dagli altri Stati membri in conformità del presente regolamento.

Articolo 7

Certificato di guarigione

1. Ciascuno Stato membro rilascia, su richiesta, il certificato di guarigione di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera c).

I certificati di guarigione sono rilasciati non prima di 11 giorni dopo la data in cui l’interessato è risultato per la prima volta positivo a un test NAAT.

Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all’articolo 12 al fine di modificare il numero di giorni a decorrere dal quale deve essere rilasciato il certificato di guarigione, sulla base degli orientamenti ricevuti dal comitato per la sicurezza sanitaria in conformità dell’articolo 3, paragrafo 11, o di dati scientifici riesaminati dall’ECDC.

2. Il certificato di guarigione contiene le seguenti categorie di dati personali:

a)

 

l’identità del titolare;

b)

 

informazioni sulla precedente infezione da SARS-CoV-2 del titolare successivamente a un test positivo;

c)

 

metadati del certificato, quali il soggetto che ha rilasciato il certificato o un identificativo univoco del certificato.

I dati personali sono inseriti nel certificato di guarigione conformemente ai campi specifici di dati di cui al punto 3 dell’allegato.

Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all’articolo 12 al fine di modificare il punto 3 dell’allegato modificando o rimuovendo, o aggiungendo campi di dati che rientrano nelle categorie di dati personali di cui al primo comma del presente paragrafo, lettere b) e c), qualora tale modifica sia necessaria per verificare e confermare l’autenticità, la validità e l’integrità del certificato di guarigione, nel caso di progressi scientifici nel contenimento della pandemia di COVID-19, o per garantire l’interoperabilità con le norme internazionali.

3. Il certificato di guarigione è rilasciato in un formato sicuro e interoperabile conformemente all’articolo 3, paragrafo 2.

4. Sulla base degli orientamenti ricevuti a norma dell’articolo 3, paragrafo 11, alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all’articolo 12 al fine di modificare il paragrafo 1 del presente articolo e l’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), per consentire il rilascio del certificato di guarigione sulla base di un risultato positivo ottenuto mediante un test antigenico rapido, un test anticorpale, compreso un test sierologico per la ricerca di anticorpi contro il SARS-CoV-2, o qualsiasi altro metodo convalidato a livello scientifico. Tali atti delegati modificano anche il punto 3 dell’allegato aggiungendo, modificando o rimuovendo i campi di dati che rientrano nelle categorie di dati personali di cui al paragrafo 2, lettere b) e c), del presente articolo.

5. In seguito all’adozione degli atti delegati di cui al paragrafo 4, la Commissione pubblica l’elenco dei test per la ricerca di anticorpi sulla base dei quali può essere rilasciato un certificato di guarigione, che deve essere elaborato dal comitato per la sicurezza sanitaria, inclusi eventuali aggiornamenti.

6. Nella relazione di cui all’articolo 16, paragrafo 1, la Commissione valuta l’opportunità e la fattibilità, alla luce dei dati scientifici disponibili, dell’adozione di atti delegati di cui al paragrafo 4 del presente articolo. Prima di presentare tale relazione, la Commissione sollecita su base regolare, a norma dell’articolo 3, paragrafo 11, orientamenti sui dati scientifici disponibili e sul livello di standardizzazione per quanto riguarda l’eventuale rilascio di certificati di guarigione basati su test anticorpali, compreso un test sierologico per la ricerca di anticorpi contro il SARS-CoV-2, tenendo conto della disponibilità e dell’accessibilità di tali test.

7. Qualora, in caso di comparsa di nuovi dati scientifici o per garantire l’interoperabilità con le norme e i sistemi tecnologici internazionali, motivi imperativi d’urgenza lo richiedano, agli atti delegati adottati ai sensi del presente articolo si applica la procedura di cui all’articolo 13.

8. Qualora accettino una prova di guarigione dall’infezione da SARS-CoV-2 al fine di non applicare le restrizioni alla libera circolazione messe in atto, in conformità del diritto dell’Unione, per limitare la diffusione del SARS-CoV-2, gli Stati membri accettano, alle stesse condizioni, i certificati di guarigione rilasciati dagli altri Stati membri in conformità del presente regolamento.

Articolo 8

Certificati COVID-19 e altri documenti rilasciati da un paese terzo

1. Qualora un certificato di vaccinazione sia stato rilasciato in un paese terzo per un vaccino anti COVID-19 corrispondente a uno dei vaccini anti COVID-19 di cui all’articolo 5, paragrafo 5, e le autorità di uno Stato membro abbiano ricevuto tutte le informazioni necessarie, compresa una prova affidabile della vaccinazione, tali autorità possono rilasciare all’interessato, su richiesta, il certificato di vaccinazione di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera a). Gli Stati membri non sono tenuti a rilasciare un certificato di vaccinazione per un vaccino anti COVID-19 il cui utilizzo non è autorizzato nel loro territorio.

2. La Commissione può adottare un atto di esecuzione che stabilisce che i certificati COVID-19 rilasciati da un paese terzo secondo norme e sistemi tecnologici che sono interoperabili con il quadro di fiducia per il certificato COVID digitale dell’UE, che consentono la verifica dell’autenticità, della validità e dell’integrità del certificato e che contengono i dati di cui all’allegato, sono considerati equivalenti ai certificati rilasciati dagli Stati membri in conformità del presente regolamento, al fine di agevolare l’esercizio del diritto di libera circolazione all’interno dell’Unione da parte dei loro titolari.

Prima di adottare un tale atto di esecuzione, la Commissione valuta se i certificati COVID-19 rilasciati dal paese terzo soddisfano le condizioni di cui al primo comma.

L’atto di esecuzione di cui al primo comma del presente paragrafo è adottato secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 14, paragrafo 2.

La Commissione rende pubblicamente disponibile l’elenco degli atti di esecuzione adottati a norma del presente paragrafo.

3. L’accettazione da parte degli Stati membri dei certificati di cui al presente articolo è soggetta all’articolo 5, paragrafo 5, all’articolo 6, paragrafo 5, e all’articolo 7, paragrafo 8.

4. Gli Stati membri che accettano certificati di vaccinazione rilasciati da un paese terzo relativo a un vaccino anti COVID-19 di cui all’articolo 5, paragrafo 5, secondo comma, accettano, alle stesse condizioni, anche i certificati di vaccinazione rilasciati da altri Stati membri conformemente al presente regolamento per lo stesso vaccino anti COVID-19.

5. Il presente articolo si applica ai certificati COVID-19 e agli altri documenti rilasciati dai paesi e territori d’oltremare di cui all’articolo 355, paragrafo 2, TFUE e al suo allegato II, nonché dalle isole Fær Øer. Esso non si applica ai certificati COVID-19 e agli altri documenti rilasciati per conto di uno Stato membro nei paesi e territori d’oltremare di cui all’articolo 355, paragrafo 2, TFUE e al suo allegato II, o nelle isole Fær Øer.

Articolo 9

Specifiche tecniche

1. Al fine di garantire condizioni uniformi di attuazione del quadro di fiducia istituito dal presente regolamento, la Commissione adotta atti di esecuzione contenenti le specifiche tecniche e le norme per:

a)

 

rilasciare e verificare in modo sicuro i certificati di cui all’articolo 3, paragrafo 1;

b)

 

garantire la sicurezza dei dati personali, tenendo conto della loro natura;

c)

 

compilare i certificati di cui all’articolo 3, paragrafo 1, compreso il sistema di codificazione e qualsiasi altro elemento pertinente;

d)

 

stabilire la struttura comune dell’identificativo univoco del certificato;

e)

 

creare un codice a barre valido, sicuro e interoperabile;

f)

 

adoperarsi per garantire l’interoperabilità con le norme e i sistemi tecnologici internazionali;

g)

 

ripartire le responsabilità tra i titolari del trattamento e per quanto riguarda i responsabili del trattamento, conformemente al regolamento (UE) 2016/679, capo IV;

h)

 

garantire che le persone con disabilità possano accedere alle informazioni in formato leggibile all’uomo contenute nel certificato digitale e nel certificato cartaceo, conformemente ai requisiti in materia di accessibilità contemplati nel diritto dell’Unione.

2. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 14, paragrafo 2.

3. Per imperativi motivi di urgenza debitamente giustificati, in particolare per garantire l’attuazione tempestiva del quadro di fiducia, la Commissione adotta atti di esecuzione immediatamente applicabili secondo la procedura di cui all’articolo 14, paragrafo 3. Gli atti di esecuzione adottati ai sensi del presente paragrafo restano in vigore per il periodo di applicazione del presente regolamento.

Articolo 10

Protezione dei dati personali

1. Al trattamento dei dati personali effettuato in sede di attuazione del presente regolamento si applica il regolamento (UE) 2016/679.

2. Ai fini del presente regolamento, i dati personali figuranti nei certificati rilasciati a norma del presente regolamento sono trattati unicamente al fine di accedere alle informazioni incluse nel certificato e di verificarle per agevolare l’esercizio del diritto di libera circolazione all’interno dell’Unione durante la pandemia di COVID-19. Dopo la fine del periodo di applicazione del presente regolamento non si procede ad alcun ulteriore trattamento.

3. I dati personali inclusi nei certificati di cui all’articolo 3, paragrafo 1, sono trattati dalle autorità competenti dello Stato membro di destinazione o di transito, o dagli operatori di servizi di trasporto passeggeri transfrontalieri tenuti, a norma del diritto nazionale, ad attuare determinate misure di sanità pubblica durante la pandemia di COVID-19, unicamente per verificare e comprovare lo stato di vaccinazione, il risultato del test o la guarigione del titolare. A tal fine, i dati personali sono limitati allo stretto necessario. I dati personali consultati a norma del presente paragrafo non sono conservati.

4. I dati personali trattati ai fini del rilascio dei certificati di cui all’articolo 3, paragrafo 1, compreso il rilascio di un nuovo certificato, non sono conservati dal soggetto che ha rilasciato il certificato più a lungo dello stretto necessario per il loro scopo e in nessun caso oltre il periodo durante il quale i certificati possono essere utilizzati per esercitare il diritto di libera circolazione.

5. Gli elenchi di revoca dei certificati scambiati tra Stati membri di cui all’articolo 4, paragrafo 2, non sono conservati dopo la fine del periodo di applicazione del presente regolamento.

6. Le autorità competenti o altri organismi designati per il rilascio dei certificati di cui all’articolo 3, paragrafo 1, sono considerati titolari del trattamento quali definiti all’articolo 4, punto 7, del regolamento (UE) 2016/679.

7. La persona fisica o giuridica, l’autorità pubblica, l’agenzia o altro organismo che ha somministrato un vaccino anti COVID-19 o ha effettuato il test per il quale deve essere rilasciato un certificato trasmette alle autorità o altri organismi designati responsabili del rilascio dei certificati i dati personali necessari per completare i campi di dati di cui all’allegato.

8. Quando un titolare del trattamento di cui al paragrafo 6 ricorre a un responsabile del trattamento, in applicazione dell’articolo 28, paragrafo 3, del regolamento (UE) 2016/679, non vi è trasferimento di dati dal responsabile del trattamento a un paese terzo.

Articolo 11

Restrizioni alla libera circolazione e scambio di informazioni

1. Fatta salva la competenza degli Stati membri di imporre restrizioni per motivi di salute pubblica, qualora accettino certificati di vaccinazione, certificati di test che attestano un risultato negativo o certificati di guarigione, gli Stati membri si astengono dall’imporre ulteriori restrizioni alla libera circolazione, quali ulteriori test in relazione ai viaggi per l’infezione da SARS-CoV-2 o la quarantena o l’autoisolamento in relazione ai viaggi, a meno che non siano necessarie e proporzionate allo scopo di tutelare la salute pubblica in risposta alla pandemia di COVID-19, anche tenendo conto delle prove scientifiche disponibili, compresi i dati epidemiologici pubblicati dall’ECDC sulla base della raccomandazione (UE) 2020/1475.

2. Qualora uno Stato membro imponga, in conformità del diritto dell’Unione, ai titolari dei certificati di cui all’articolo 3, paragrafo 1, di sottoporsi, dopo l’ingresso nel suo territorio, a quarantena o ad autoisolamento o a un test per l’infezione da SARS-CoV-2, o qualora imponga altre restrizioni ai titolari di tali certificati perché, per esempio, la situazione epidemiologica in uno Stato membro o in una regione all’interno di uno Stato membro peggiori rapidamente, in particolare a causa di una variante di SARS-CoV-2 che desti preoccupazione o interesse, esso ne informa di conseguenza la Commissione e gli altri Stati membri, se possibile 48 ore prima dell’introduzione di tali nuove restrizioni. A tal fine lo Stato membro fornisce le seguenti informazioni:

a)

 

i motivi di tali restrizioni;

b)

 

la portata di tali restrizioni, specificando quali titolari di certificati ne sono soggetti o esenti;

c)

 

la data e la durata di tali restrizioni.

3. Gli Stati membri informano la Commissione e gli altri Stati membri in merito al rilascio e alle condizioni di accettazione dei certificati di cui all’articolo 3, paragrafo 1, compresi quali vaccini anti COVID-19 accettano a norma dell’articolo 5, paragrafo 5, secondo comma.

4. Gli Stati membri forniscono al pubblico informazioni chiare, complete e tempestive in relazione ai paragrafi 2 e 3. Come regola generale, gli Stati membri rendono pubblicamente disponibili tali informazioni 24 ore prima dell’entrata in vigore delle nuove restrizioni, tenendo conto del fatto che per le emergenze epidemiologiche è necessaria una certa flessibilità. Le informazioni fornite dagli Stati membri possono inoltre essere rese pubbliche dalla Commissione in modo centralizzato.

Articolo 12

Esercizio della delega

1. Il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione alle condizioni stabilite nel presente articolo.

2. Il potere di adottare atti delegati di cui all’articolo 5, paragrafo 2, all’articolo 6, paragrafo 2, e all’articolo 7, paragrafi 1 e 2, è conferito alla Commissione per un periodo di 12 mesi a decorrere dal 1o luglio 2021.

3. La delega di potere di cui all’articolo 5, paragrafo 2, all’articolo 6, paragrafo 2, e all’articolo 7, paragrafi 1 e 2, può essere revocata in qualsiasi momento dal Parlamento europeo o dal Consiglio. La decisione di revoca pone fine alla delega di potere ivi specificata. Gli effetti della decisione decorrono dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea o da una data successiva ivi specificata. Essa non pregiudica la validità degli atti delegati già in vigore.

4. Prima dell’adozione dell’atto delegato la Commissione consulta gli esperti designati da ciascuno Stato membro nel rispetto dei principi stabiliti nell’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» del 13 aprile 2016.

5. Non appena adotta un atto delegato, la Commissione ne dà contestualmente notifica al Parlamento europeo e al Consiglio.

6. L’atto delegato adottato ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, dell’articolo 6, paragrafo 2, o dell’articolo 7, paragrafi 1 o 2, entra in vigore solo se né il Parlamento europeo né il Consiglio hanno sollevato obiezioni entro il termine di due mesi dalla data in cui esso è stato loro notificato o se, prima della scadenza di tale termine, sia il Parlamento europeo che il Consiglio hanno informato la Commissione che non intendono sollevare obiezioni. Tale termine è prorogato di due mesi su iniziativa del Parlamento europeo o del Consiglio.

Articolo 13

Procedura d’urgenza

1. Gli atti delegati adottati ai sensi del presente articolo entrano in vigore immediatamente e si applicano finché non siano sollevate obiezioni conformemente al paragrafo 2. La notifica di un atto delegato al Parlamento europeo e al Consiglio illustra i motivi del ricorso alla procedura d’urgenza.

2. Il Parlamento europeo o il Consiglio possono sollevare obiezioni a un atto delegato secondo la procedura di cui all’articolo 11, paragrafo 6. In tal caso, la Commissione abroga l’atto immediatamente a seguito della notifica della decisione con la quale il Parlamento europeo o il Consiglio ha sollevato obiezioni.

Articolo 14

Procedura di comitato

1. La Commissione è assistita da un comitato. Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011.

2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l’articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011.

3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l’articolo 8 del regolamento (UE) n. 182/2011 in combinato disposto con l’articolo 5 dello stesso.

Articolo 15

Introduzione graduale

1. I certificati COVID-19 rilasciati da uno Stato membro prima del 1o luglio 2021 sono accettati dagli altri Stati membri fino al 12 agosto 2021 conformemente all’articolo 5, paragrafo 5, all’articolo 6, paragrafo 5, e all’articolo 7, paragrafo 8, se contengono i campi di dati di cui all’allegato.

2. Se uno Stato membro non è in grado di rilasciare i certificati di cui all’articolo 3, paragrafo 1, in un formato conforme al presente regolamento al 1° luglio 2021, ne informa di conseguenza la Commissione e gli altri Stati membri. Laddove contengano le serie di dati riportate nell’allegato, i certificati COVID-19 rilasciati da tale Stato membro in un formato non conforme al presente regolamento sono accettati dagli altri Stati membri conformemente all’articolo 5, paragrafo 5, all’articolo 6, paragrafo 5, e all’articolo 7, paragrafo 8, fino al 12 agosto 2021.

Articolo 16

Relazione

1. Entro il 31 ottobre 2021 la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione. La relazione contiene un’analisi generale riguardo:

a)

 

il numero di certificati rilasciati ai sensi del presente regolamento;

b)

 

gli orientamenti richiesti a norma dell’articolo 3, paragrafo 11, sui dati scientifici disponibili e sul livello di standardizzazione per quanto riguarda l’eventuale rilascio di certificati di guarigione basati su test anticorpali, compresi i test sierologici per la ricerca di anticorpi contro il SARS-CoV-2, tenendo conto della disponibilità e dell’accessibilità di tali test; e

c)

 

le informazioni ricevute ai sensi dell’articolo 11.

2. Entro il 31 marzo 2022 la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sulla sua applicazione.

La relazione contiene, in particolare, una valutazione dell’impatto del presente regolamento sull’agevolazione della libera circolazione, inclusi sui viaggi e il turismo e l’accettazione dei diversi tipi di vaccino, i diritti fondamentali e la non discriminazione, nonché sulla protezione dei dati personali durante la pandemia di COVID-19.

La relazione può essere accompagnata da proposte legislative, in particolare per prorogare la data di applicazione del presente regolamento, tenuto conto dell’evoluzione della situazione epidemiologica in relazione alla pandemia di COVID-19.

Articolo 17

Entrata in vigore e applicazione

Il presente regolamento entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

Esso si applica dal 1o luglio 2021 al 30 giugno 2022.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Fatto a Bruxelles, il 14 giugno 2021

Per il Parlamento europeo

Il presidente

D. M. SASSOLI

Per il Consiglio

Il presidente

A. COSTA

(1) Parere del 27 aprile 2021 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).

(2) Posizione del Parlamento europeo del 9 giugno 2021 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio dell’11 giugno 2021.

(3) Direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 e abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU L 158 del 30.4.2004, pag. 77).

(4) Raccomandazione (UE) 2020/1475 del Consiglio, del 13 ottobre 2020, per un approccio coordinato alla limitazione della libertà di circolazione in risposta alla pandemia di COVID-19 (GU L 337 del 14.10.2020, pag. 3).

(5) Regolamento (UE) 2021/954 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2021, su un quadro per il rilascio, la verifica e l’accettazione di certificati interoperabili di vaccinazione, di test e di guarigione (certificato COVID digitale dell’UE) per i cittadini di paesi terzi regolarmente soggiornanti o regolarmente residenti nel territorio degli Stati membri durante la pandemia di COVID-19 (Cfr. pag. 24 della presente Gazzetta ufficiale).

(6) Regolamento (UE) 2016/399 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, che istituisce un codice unionale relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen) (GU L 77 del 23.3.2016, pag. 1).

(7) Regolamento (UE) n. 910/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 2014, in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno e che abroga la direttiva 1999/93/CE (GU L 257 del 28.8.2014, pag. 73).

(8) Direttiva 2011/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2011, concernente l’applicazione dei diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera (GU L 88 del 4.4.2011, pag. 45).

(9) Decisione n. 1082/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2013, relativa alle gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero e che abroga la decisione n. 2119/98/CE (GU L 293 del 5.11.2013, pag. 1).

(10) Regolamento (CE) n. 726/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che istituisce procedure dell’Unione per l’autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l’agenzia europea per i medicinali (GU L 136 del 30.4.2004, pag. 1).

(11) Direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (GU L 311 del 28.11.2001, pag. 67).

(12) Raccomandazione (UE) 2020/1743 della Commissione, del 18 novembre 2020, sull’uso di test antigenici rapidi per la diagnosi dell’infezione da SARS-CoV-2 (GU L 392 del 23.11.2020, pag. 63).

(13) Raccomandazione del Consiglio, del 21 gennaio 2021, relativa a un quadro comune per l’uso e la convalida dei test antigenici rapidi e il riconoscimento reciproco dei risultati dei test per la COVID-19 nell’UE (GU C 24 del 22.1.2021, pag. 1).

(14) Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13).

(15) Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1).

(16) GU L 123 del 12.5.2016, pag. 1.

(17) Regolamento (UE) 2018/1725 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2018, sulla tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell’Unione e sulla libera circolazione di tali dati, e che abroga il regolamento (CE) n. 45/2001 e la decisione n. 1247/2002/CE (GU L 295 del 21.11.2018, pag. 39).

(18) Non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale.

ALLEGATO

SERIE DI DATI DEL CERTIFICATO

1.

 

Campi di dati da inserire nel certificato di vaccinazione:

a)

 

nome: cognome(-i) e nome(-i), in quest’ordine;

b)

 

data di nascita;

c)

 

malattia o agente in questione: COVID-19 (SARS-CoV-2 o una delle sue varianti);

d)

 

vaccino o profilassi anti COVID-19;

e)

 

nome del prodotto vaccinale anti COVID-19;

f)

 

titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio del vaccino anti COVID-19 o fabbricante del vaccino;

g)

 

numero in una serie di dosi e numero complessivo di dosi di una serie;

h)

 

data di vaccinazione, indicante la data dell’ultima dose ricevuta;

i)

 

Stato membro o paese terzo in cui è stato somministrato il vaccino;

j)

 

soggetto che ha rilasciato il certificato;

k)

 

identificativo univoco del certificato.

2.

 

Campi di dati da inserire nel certificato di test:

a)

 

nome: cognome(-i) e nome(-i), in quest’ordine;

b)

 

data di nascita;

c)

 

malattia o agente in questione: COVID-19 (SARS-CoV-2 o una delle sue varianti);

d)

 

tipo di test;

e)

 

nome del test (facoltativo per un test NAAT);

f)

 

fabbricante del test (facoltativo per un test NAAT);

g)

 

data e ora del prelievo del campione;

h)

 

risultato del test;

i)

 

centro o struttura in cui è stato effettuato il test (facoltativo per un test antigenico rapido);

j)

 

Stato membro o paese terzo in cui è stato effettuato il test;

k)

 

soggetto che ha rilasciato il certificato;

l)

 

identificativo univoco del certificato.

3.

 

Campi di dati da inserire nel certificato di guarigione:

a)

 

nome: cognome(-i) e nome(-i), in quest’ordine;

b)

 

data di nascita;

c)

 

malattia o agente da cui il titolare è guarito: COVID-19 (SARS-CoV-2 o una delle sue varianti);

d)

 

data in cui il titolare è risultato per la prima volta positivo al test NAAT;

e)

 

Stato membro o paese terzo in cui è stato effettuato il test;

f)

 

soggetto che ha rilasciato il certificato;

g)

 

certificato valido a decorrere dal;

h)

 

certificato valido fino al (non oltre 180 giorni dalla data del primo risultato positivo del test NAAT);

i)

 

identificativo univoco del certificato.

*********************

Fonti: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=uriserv%3AOJ.L_.2021.211.01.0001.01.ITA  come da accesso del 6 agosto 2021.

https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32021R0953R(01)&from=EN  come da accesso del 6 agosto 2021.

NB: questo testo recepisce la Rettifica del regolamento (UE) 2021/953 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2021, su un quadro per il rilascio, la verifica e l’accettazione di certificati interoperabili di vaccinazione, di test e di guarigione in relazione alla COVID-19 (certificato COVID digitale dell’UE) per agevolare la libera circolazione delle persone durante la pandemia di COVID-19 (Gazzetta ufficiale dell’Unione europea L 211 del 15 giugno 2021)

Di dr G

Andrea Gandini è un giurista e programmatore, autore di manuali e saggi. Master di secondo livello in protezione dei dati; perfezionamento in programmazione per giuristi e legal tech; laurea in giurisprudenza; diploma di perito informatico.​​ Responsabile di amministrazione del Personale presso una azienda ove partecipa a progetti di digitalizzazione ed automatismi amministrativi. A livello extra aziendale, svolge occasionali consulenze di office automation e protezione dati. Blog personale: www.dottorgandini.it